L’Estate Difficile

rannicchiatoecco. l’estate è finita. quasi. ed è finita col mio compiutero, angus, che non si accende più. isolato dalla rete per quasi un mese. problema al disco rigido. un mio shiatstudente, dottore dei compiuteri, ci sta mettendo le mani sopra. e anche dentro. forse riesco a salvare tutte le cose, le foto coi ricordi belli, quelle coi ricordi belli e tristi, e le mele, anche quelle belle e tristi. se riesce a riparare tutto, sposterò quelle cose in una cartella, la farò proteggere con una password (che io non conoscerò), depositerò la password in una busta chiusa dentro una cassetta di sicurezza e darò disposizione di non consegnarmela prima del 2012, almeno. forse tra qualche anno potrò riaprirla e guardarne il contenuto senza piangere come un bimbo che sta mettendo i dentini.
è stata un’estate difficile. un’estate ricca. un’estate triste. un’estate faticosa. sono rientrato in ufficio con la stessa pesantezza di quando ne sono uscito tre settimane fa. come se non avessi fatto vacanze. e ma però di cose da raccontare ce ne sono.
la prima è la tendopoli in abruzzo e il progetto di shiatsu.
non ho ancora capito bene le mie sensazioni di quel periodo. una dimensione onirica, surreale. un campo da calcio ricoperto da tende blu, a pianta ippodamica. un po’ come un accampamento romano, ma senza il foro. l’enorme tenda della mensa, tutta bianca. il caldo insopportabile, quasi 50°, dentro le tende, di giorno. gli anziani con gli occhi spenti, hanno perso tutto. la casa e, alcuni, amici e parenti. gli adolescenti un po’ scazzati che alla sera cercavano su youtube i video dei terremoti in giro per il mondo, esultando quando vedevano le case crollare. ma almeno loro stanno elaborando quello che è successo. i bambini un po’ inselvatichiti. un piccolo cucciolo albanese tutte le volte che mi vedeva mi rivolgeva uno sputo o un pugno. io gli dicevo: ma come, ti facciamo i trattamenti shiatsu e tu mi tratti così? allora mi abbracciava e mi chiedeva scusa. alla fine mi ha regalato un power ranger. il capo campo della protezione civile sembrava tony curtis in “operazione sottoveste”. non l’aspetto fisico, bensì la creatività nell’organizzazione: quello che chiedevi, lui lo procurava. c’era anche la piscina per i bimbi. ma non si creda a quello che dice il nano maledetto. la vita nei campi è dura. tanto. che io, pur avendo visto coi miei occhi, non riesco ad immaginare quanto. le tende, piccole. con dentro anche due famiglie. noi, in otto, dopo tre giorni eravamo invasi dalla roba. non riesco ad immaginare loro, dopo cinque mesi. lo shiatsu è arrivato lì, portato da noi, con la stessa atmosfera surreale. in molti mi dicevano, prima di partire, ma come? con tutto quello di cui hanno bisogno, proprio lo shiatsu? beh, tanto per iniziare, non è che lo shiatsu sia andato a sostituire altri servizi più essenziali. il nostro era un progetto a zero costo, per la protezione civile. e poi, siamo sicuri che non sia essenziale, quello che abbiamo fatto? dai commenti che hanno lasciato i residenti sul quadernone a loro disposizione, a me verrebbe da dire che, invece, essenziale lo è stato di molto. abbiamo lavorato tantissimo. otto ore al giorno, tutti i giorni, di continuo. e ci sarebbe da raccontare cos’ho sentito sotto le mani, e cosa mi hanno restituito, a fronte del mio impegno, gli aquilani e i volontari che ho avuto l’onore di trattare. magari, più in là, riuscirò a scriverne in modo più chiaro. ma non oggi.
la seconda cosa è la visita di tre giorni a grosseto, sulla via del ritorno.
ho dormito quattro notti in giardino, sotto le stelle. ormai ero avvezzo al sacco a pelo. una meraviglia, addormentarsi sotto le stelle cadenti. mi sono riposato, ho fatto le chiacchiere, preso un po’ di sole e fatto i bagnetti sulfurei a saturnia. sono rientrato con il cuore un po’ più leggero di quando son partito. ma.
la terza cosa è successa il giorno dopo il rientro, a ridosso della quarta cosa.
ed è stata una visita inattesa. che al momento mi ha riempito di folle gioia e aspettativa e preoccupata felicità. e mi ha fatto fluttuare sospeso di qualche centimetro da terra. che mi ero immaginato che le cose fossero tornate a posto, che un progetto di vita fosse possibile. e invece sono stato preso per le caviglie e riportato a terra. e sbattuto ben bene come si fa coi tappeti impolverati. e ho pianto per ore, a singhiozzi, sui moli. fino alle nove di sera. perché non era cambiato niente. e mi sono ritrovato addosso tutto il peso del rifiuto, dell’incertezza, del “non so se ti amo” che, per un uomo innamorato, è la cosa peggiore che ci si possa sentir dire. e vorrei dimenticare, e ricordare il bello che è stato, e non pensare in lacrime a quello che avrebbe potuto essere e che non sarà mai. ineluttabilmente. e, forse, un giorno, riuscirò. ma non oggi. ecco. la terza cosa mi ha genuflesso. per giorni. e ancora dura.
la quarta cosa sono i lavori in casa dell’amicaE., e il fatto che ho cercato di affogare il dolore nell’acquaragia, e negli smalti dei mobili, e nell’impregnante per il legno, e nel trasporto delle cose nella sua casina tutta rinnovata, e nelle millemila mensole avvitate al muro senza spargere nemmeno un granello di polvere. ho scoperto che le lacrime, sullo smalto al nitro, non sono solubili. vanno a fondo e formano una bolla chiara e acquosa. bisogna ripassarci sopra un paio di volte, per mandarle via. e però la casa è venuta proprio bene.
la quinta cosa è la bicicletta, che mia nipote mi ha dato in comodato d’uso gratuito. è rossa. con tante marce. non ha ancora un nome, ma già mi trasporta tra la casa e lo stand dello shiatsu che, guarda un po’, è la…
sesta cosa: la festa della tristezza democratica. ci risiamo. di nuovo. in uno stand piccino ma grazioso. si sta lavorando come dei matti. un sacco di gente. davvero tanta. i progetti di volontariato ne gioiscono. speriamo anche il futuro nuovo corso del primo anno. ieri sera ho chiacchierato con un signore cubano, sulla sessantina. aspettava il suo turno per un trattamento. si è fermato dopo aver letto i cartelli che parlavano del nostro progetto shiatsu a cuba. lui conosce una delle prime persone che hanno fatto il nostro corso a l’havana. e mi ha raccontato cose bellissime di quando suonava nel circolo del partito, dove si riunivano i capi della rivoluzione. e, spesso, che guevara lo raggiungeva con una bottiglia di rum e cantava con lui e gli altri suonatori la guantanamera. e questo signore conosceva anche camilo cienfuegos, e la sua risata trascinante. e osservava fidel, assieme al che e a camilo, e il loro rapporto di amicizia conflittuale. e il sospetto, che a cuba hanno molti, che, forse… non lo vorrei dire. ché ha delle affinità con quello che ha fatto stalin al compagno trotskij.
ecco. questa è la mia composizione in sei movimenti, il requiem di quest’estate agli sgoccioli, tra l’allegro ma non troppo e il grave, con qualche puntata ad un fastidioso largo doloroso
arriverà l’autunno. la propaganda vuole che sia una stagione malinconica, di nuvole e pioggia di novembre. io, la propaganda, me ne fotto.

~ di G. su agosto 24, 2009.

8 Risposte to “L’Estate Difficile”

  1. Questa è una formale richiesta di cambiamento di quella cosa.
    Se non la cambi entro la mattinata giuro che rapisco il Cirano e lo vendo ai piemontesi, che tanto il contatto ce l’ho :-)P

  2. …il ricatto mica serviva, eh…

  3. Caro G.,
    nonostante le tua scrittura da incrocio occhi, ti si legge benissimo e ci si emoziona per come descrivi la tua estate “in sei movimenti”. Ho condiviso con te i giorni d’Abruzzo e so cosa sono le ferite del cuore, sentirsi dire che non si è amati dalla persona che invece si ama. Ma si supera anche questo, credimi…
    Un caro abbraccio e a presto.
    Antonella

  4. beh, antonella, ad essere onesti, io non ho proprio scritto quello che dici tu. e mi spiace che traspaia dalle mie righe. e le ho pesate e pensate e fresate davvero tanto, prima di scriverle. “non so se…” è diverso da “io non ti…”. e non è una differenza da poco.
    comunque, sì. si supererà anche questo.
    un abbraccio anche a te.

  5. Concordo, con te, G. E scusami per come mi sono espressa, senza tener conto di quella sottile differenza che pure mi era saltata agli occhi. Sarà stato che, per la mia esperienza, tra le due situazioni il confine è stato molto labile. E il dubbio dichiarato sull’essere o meno amata mi ha fatto molto male lo stesso. Però, vivendola in prima persona, se ne percepisce la differenza d’intensità. E si sopporta meglio, perchè è alimentato dalla speranza che, in fondo al cuore dell’altro, si apra il varco che lo riporti a noi…
    Un caro abbraccio e a presto, mio caro amico.
    Antonella
    Un bacio e grazie della precisazione.
    A.

  6. posso abbracciarti un pò?

  7. franci, ecché, no?
    …e però io posso abbracciare la piccola greta?

  8. la gruzzola non rifiuta abbracci a nessuno, anzi li condisce di baci bavosi.

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