Chiuso per cessata attività

•novembre 3, 2009 • 6 commenti

chiuso

ci sono momenti in cui si fanno bilanci. o, almeno, ci si costringe ad affrontare alcune decisioni. apro queste pagine e non mi viene nulla da scriverci sopra. e allora, che fare? lasciare tutto lì, che si spenga da solo, ogni giorno sempre meno visitatori, con le erbacce incolte, come un giardinetto abbandonato con le altalene che arrugginiscono, come un malato in coma vegetativo? cancellare tutto, non me la sento. allora facciamo che tiro giù la serranda con queste ultime righe, ringrazio chi mi ha letto fin qui e, chissà, magari un giorno tornerò in altri lidi. quando avrò di nuovo qualcosa da dire. quando avrò voglia di dire  qualcosa di nuovo.

il puntoggì saluta tutti e vi augura una buona vita.

Pubblicità: “Corpi Estranei” di Paola Ronco

•ottobre 14, 2009 • Commenti disabilitati su Pubblicità: “Corpi Estranei” di Paola Ronco

Corpi Estranei, Paola Ronco

è con gioia ed orgoglio che annuncio la pubblicazione del primo romanzo dell’amicapaola. l’evento, inutile dirlo, era atteso come la nascita del bambingesù, e ci ha tenuti tutti in trepidante ed attiva attesa fino a che, ieri, è arrivata la notizia: le prime copie del libro sono state recapitate all’autrice. ora si fibrilla, nell’attesa di appoggiare le nostre manine sul nuovo venuto. tra un pochino inizieranno i tour delle presentazioni in giro per le librerie italiche. le recinzioni sulle riviste, le interviste, e tutte le iniziative che le nostre menti malate riusciranno a concepire. facile che l’amicapaola ci abbatta a revolverate prima di natale.  ad ogni modo, ecco quanto dice il sito della casa editrice:

Un poliziotto tormentato, una combattiva studentessa universitaria, una fragile addetta stampa precaria. Perché l’agente Cabras non parla con nessuno? Come mai ad Alessia si ferma il respiro in gola ogni volta che vede una divisa? E cosa impedisce a Silvia di cominciare con serenità una vita a due nella casa appena comprata? Tre esistenze, un filo sanguinoso che le unisce, otto giorni che potrebbero cambiarle per sempre, in una Torino che assiste immobile ai crimini di una banda inafferrabile.

Paola Ronco è nata a Torino nel 1976 e vive a Genova. Il suo primo romanzo, ancora inedito, è stato finalista al Premio Calvino 2006. Ha partecipato con un racconto alla raccolta Tutti giù all’inferno, Giulio Perrone Editore, 2006, a cura di Monica Mazzitelli. Altri suoi racconti sono stati pubblicati sulla rivista “Carta”.

e questo è il booktrailer:

detto questo, detto tutto. leggete, apprezzate e diffondete!

Sana e Robusta

•ottobre 8, 2009 • Commenti disabilitati su Sana e Robusta

COSTITUZIONE

Ho visto un posto brulicante di persone assenti, un posto pieno di abitanti che sembravano viandanti attenti al passo più che alla direzione, con gli occhi fissi in basso, quasi avendo soggezione.
Ma quando due si urtavano si alzavano di scatto e – da zitti che eran – tutt’a un tratto urlavano al misfatto e poi giù botte, tirando dentro chi gli stava accanto a regge il moccolo: tutti addosso a far montagna partendo da un bernoccolo.
Ho visto un uomo piccolo emerger dal groviglio, un uomo così piccolo da sembrar suo figlio, due parentesi di sopracciglia su uno sguardo sveglio, coi calli delle mani come solo nascondiglio.
Scoglio in mezzo a quel marasma, unico vivente in quella città fantasma, avanzava lentamente, incurante del trambusto in cui era immerso, in cerca del suo posto, ma senza averlo perso.

II tempo sta cambiando, ma i giorni non accelerano, diventano più scuri e si raffreddano e non pensare mai che tu stia correndo: è solo tutto il resto che si sta fermando.

Libero, con un libro per bagaglio, con la propria libertà scritta su ogni foglio, carica d’orgoglio, con la voglia di portare a termine la sua missione ho visto l’uomo arrestarsi sulla soglia di un portone.
Ho visto il caos chetarsi, gli occhi alzarsi, le orecchie tendersi e le bocche chiudersi in un coro muto; poi la folla coagularsi intorno al nuovo benvenuto, sconosciuto a tutti quanti e atteso come un invitato.
Nudo, ma col più grandioso dono l’uomo guardò fisso in viso ognuno, sollevò in alto la mano e nel palmo – una ad una – chiuse a pugno cinque dita: riunite nella lotta, unite per la vita.

Ascoltavano composti il silenzio che intonavano, aspettavano che a romperlo fosse l’uomo che guardavano e quando questi alzò il volume e prese fiato tutti lo trattennero ed iniziò il racconto di quel libro magico:
“Questo che vi mostro è un organismo, è carne mista a spirito in un corpo unico, nato ii giorno in cui tutti noi eravamo ipotesi, chiamati indistintamente “posteri”.
Questo è il testamento che gli antichi hanno inciso colle dita, scritto con iI sangue, pagato con la vita di operai perché noi senza troppi guai godessimo di quella libertà che non hanno avuto mai”

(Frankie Hi-NRG, “Sana e Robusta” in “Ero un Autarchico”, 2003)

E tornar, tornar, tornaaaaaar…

•settembre 28, 2009 • 1 commento

e alla fine, per l’ultima settimana di progetto, sono tornato in abruzzo. fino a venerdì compreso. io e i miei nuovi pollici tatuati. accolti alla sera da un freddoporco, al mattino da un nebbione epico, dal campo notevolmente sfoltito. hanno tolto trenta tende. meno male, anche. ma intanto le 200 persone che stanno ancora qui non hanno la più pallida idea di dove verranno assegnate. caserme, probabilmente. che le case del gran buffone non sono sufficienti…
vedremo. intanto si respira un’aria di smoibilitazione. ma una smobilitazione strana. non felice di chi va star meglio. non saprei come definirla, perché alla fine non ho ancora parlato con nessuno. ma aleggia aria di incertezza. e, da queste parti, dove l’incertezza è regola di vita, insomma, non pare una bella cosa. intanto, con la scusa dell’ultima scossa, il nano o chi per lui, hanno fatto slittare la data di smantellamento delle tendopoli da fine settembre a fine ottobre. e ricomincia il balletto delle date. e si avvicina il freddo duro.
noi che si fa? noi si fa shiatsu. fin che ce n’è.

Fantapolitica

•settembre 15, 2009 • Commenti disabilitati su Fantapolitica

coronaieri sera ho visto un documentario che però, secondo me, è un documentario finto, come borat o morte di un presidente, perché non è proprio possibile che viviamo in un paese del genere. che all’inizio facevano vedere dei tizi in un bar che ricevevano delle telefonate dai telespettatori del bar e gli facevano delle domande di cultura generale, tipo “chi sta vincendo la coppa del mondo di sci?” e se uno indovinava, c’era la signora marisa con una mascherina che si spogliava, ma tipo una che deve andare a dormire, mica kim basinger di nove settimane e mezzo. e poi c’è un tizio che fa l’operaio e fa karate. e vive con una mamma terribile che lo segue quando esce con una ragazza. e lui non vuole fare l’operaio, ma il divo della tivù. e allora fa di tutto per andare in tivù. e dice che le ragazze sono più avvantaggiate perché la possono dar via, in cambio di un posto in tivù. e lui dice che vuole andare in tivù perché vuole avere le ragazze e i soldi. e dallo sguardo che ha, secondo me, anche lui sta pensando di darla via per andare in tivù. secondo me, basterebbe che andasse a vivere da solo, per avere le ragazze. i soldi, non lo so. però, ecco, lui vive per andare in tivù. e poi c’è un tizio basso pelato e grassoccio che ho già visto da qualche parte, che pare sia il padrone di tutte le tivù. e anche di più, da quello che dicono in questo documentario che secondo me è finto. e poi ci sono delle ragazze che vogliono sposare i calciatori e che si dimenano nell’atrio di un centro commerciale, con i bambini che le guardano e anche le ragazzine di dodici anni, le quardano. ma le ragazzine le guardano un po’ ammirate e un po’ invidiose, che si vede che pensano che vorrebbero essere così. e i genitori di queste ragazzine, curiosamente, non le picchiano a sangue e non le mandano a studiare a calci invece di star lì. perché ci sono anche i genitori che guardano le tizie che si dimenano. e magari sperano che anche le loro acerbe figlie dodicenni, un giorno, chissà, un bel calciatore coi miliardi… e c’è un tizio che poi dice a queste qui, più grandi che vorrebbero sposare un calciatore, di girarsi e tirare su i capelli e di profilo, e di dietro, e ti aspetteresti che le controlla anche i denti. invece no. solo culo e tette. poi c’è un tizio ghèi vestito tutto di bianco, che è quello che decide chi deve andare in tivù e chi, invece, deve continuare a restare nessuno. e dice che ammira il padrone di tutte le tivù. anche se non è come il buonanima. che a lui piaceva, il buonanima. e infatti ha anche tutte le sue canzoncine sul telefonino. e io mi è sembrato strano, perché quelli che hanno quelle canzoncine, i ghèi li bruciavano nei forni. e la camicia non era bianca, ma nera. ma i tempi cambiano. e poi c’è un tizio con dei buffi occhiali viola che ha una discoteca famosissima in sardegna che ci vanno tutti i famosi e che le ragazze fanno a gara da tutta italia per fare le ragazze immagine che si chiamano ragazze billionèr e, se sono fortunate, il signore coi buffi occhiali viola le manda in tivù per due settimane a leggere le previsioni del tempo. e poi c’è anche un tizio che vende le foto e poi l’hanno messo in galera ma lui dice che non ha fatto niente. e questo tizio, truzzissimo e palestrato, si vede che fa la doccia e si depila col rasoio e poi si dà la crema idratante anche sull’uccello. depilato anche quello. e poi si spruzza per delle ore con una roba che potrebbe essere profumo. ma anche rivitalizzante cifo per gerani, da quanto se ne mette. e tutti i ragazzini che lo guardano in discoteca e gli fanno foto e lui dice delle robe che di solito si dicono dal fruttivendolo o dal barbiere. e tutti che pendono dalle sue labbra e gli dicono “bravo! bravo!”. che se io dico che non c’è più la mezza stagione e che in italia è tutto un magna magna, non è che la gente si spella le mani a furia di applausi. e però lui sì. e gli danno anche diecimila euro, per un ora di queste chiacchiere da sala d’aspetto del medico della mutua.
ecco. questo è, in sintesi, quello che si vede in questo documentario che per me è finto. perché dà uno spaccato dell’italia e del modo di ragionare degli italiani e dei valori degli italiani, che se per caso è vero io emigro in un paese migliore, tipo che vado a fare il giornalista satirico in birmania.

epilogo: arrivo a casa e accendo la tivù per guardarmi la videocassetta della corazzata potemkin, tanto per far fuggire i fantasmi. su rai uno c’era miss italia. le vacche al mercato del bestiame. il biglietto per rangoon costa 602 euri.

Questioni di mira

•settembre 11, 2009 • 1 commento

Occhei dio, ricapitoliamo. È un grottesco omino truccato e gli piacciono molto giovani, MA non era michael jackson. È un anziano gaffeur che ci ha rovinati con la tv commerciale, MA non era mike bongiorno. Non è poi così difficile, essù…

(l’amicaPaola, su facciabùco)

L’Estate Difficile

•agosto 24, 2009 • 8 commenti

rannicchiatoecco. l’estate è finita. quasi. ed è finita col mio compiutero, angus, che non si accende più. isolato dalla rete per quasi un mese. problema al disco rigido. un mio shiatstudente, dottore dei compiuteri, ci sta mettendo le mani sopra. e anche dentro. forse riesco a salvare tutte le cose, le foto coi ricordi belli, quelle coi ricordi belli e tristi, e le mele, anche quelle belle e tristi. se riesce a riparare tutto, sposterò quelle cose in una cartella, la farò proteggere con una password (che io non conoscerò), depositerò la password in una busta chiusa dentro una cassetta di sicurezza e darò disposizione di non consegnarmela prima del 2012, almeno. forse tra qualche anno potrò riaprirla e guardarne il contenuto senza piangere come un bimbo che sta mettendo i dentini.
è stata un’estate difficile. un’estate ricca. un’estate triste. un’estate faticosa. sono rientrato in ufficio con la stessa pesantezza di quando ne sono uscito tre settimane fa. come se non avessi fatto vacanze. e ma però di cose da raccontare ce ne sono.
la prima è la tendopoli in abruzzo e il progetto di shiatsu.
non ho ancora capito bene le mie sensazioni di quel periodo. una dimensione onirica, surreale. un campo da calcio ricoperto da tende blu, a pianta ippodamica. un po’ come un accampamento romano, ma senza il foro. l’enorme tenda della mensa, tutta bianca. il caldo insopportabile, quasi 50°, dentro le tende, di giorno. gli anziani con gli occhi spenti, hanno perso tutto. la casa e, alcuni, amici e parenti. gli adolescenti un po’ scazzati che alla sera cercavano su youtube i video dei terremoti in giro per il mondo, esultando quando vedevano le case crollare. ma almeno loro stanno elaborando quello che è successo. i bambini un po’ inselvatichiti. un piccolo cucciolo albanese tutte le volte che mi vedeva mi rivolgeva uno sputo o un pugno. io gli dicevo: ma come, ti facciamo i trattamenti shiatsu e tu mi tratti così? allora mi abbracciava e mi chiedeva scusa. alla fine mi ha regalato un power ranger. il capo campo della protezione civile sembrava tony curtis in “operazione sottoveste”. non l’aspetto fisico, bensì la creatività nell’organizzazione: quello che chiedevi, lui lo procurava. c’era anche la piscina per i bimbi. ma non si creda a quello che dice il nano maledetto. la vita nei campi è dura. tanto. che io, pur avendo visto coi miei occhi, non riesco ad immaginare quanto. le tende, piccole. con dentro anche due famiglie. noi, in otto, dopo tre giorni eravamo invasi dalla roba. non riesco ad immaginare loro, dopo cinque mesi. lo shiatsu è arrivato lì, portato da noi, con la stessa atmosfera surreale. in molti mi dicevano, prima di partire, ma come? con tutto quello di cui hanno bisogno, proprio lo shiatsu? beh, tanto per iniziare, non è che lo shiatsu sia andato a sostituire altri servizi più essenziali. il nostro era un progetto a zero costo, per la protezione civile. e poi, siamo sicuri che non sia essenziale, quello che abbiamo fatto? dai commenti che hanno lasciato i residenti sul quadernone a loro disposizione, a me verrebbe da dire che, invece, essenziale lo è stato di molto. abbiamo lavorato tantissimo. otto ore al giorno, tutti i giorni, di continuo. e ci sarebbe da raccontare cos’ho sentito sotto le mani, e cosa mi hanno restituito, a fronte del mio impegno, gli aquilani e i volontari che ho avuto l’onore di trattare. magari, più in là, riuscirò a scriverne in modo più chiaro. ma non oggi.
la seconda cosa è la visita di tre giorni a grosseto, sulla via del ritorno.
ho dormito quattro notti in giardino, sotto le stelle. ormai ero avvezzo al sacco a pelo. una meraviglia, addormentarsi sotto le stelle cadenti. mi sono riposato, ho fatto le chiacchiere, preso un po’ di sole e fatto i bagnetti sulfurei a saturnia. sono rientrato con il cuore un po’ più leggero di quando son partito. ma.
la terza cosa è successa il giorno dopo il rientro, a ridosso della quarta cosa.
ed è stata una visita inattesa. che al momento mi ha riempito di folle gioia e aspettativa e preoccupata felicità. e mi ha fatto fluttuare sospeso di qualche centimetro da terra. che mi ero immaginato che le cose fossero tornate a posto, che un progetto di vita fosse possibile. e invece sono stato preso per le caviglie e riportato a terra. e sbattuto ben bene come si fa coi tappeti impolverati. e ho pianto per ore, a singhiozzi, sui moli. fino alle nove di sera. perché non era cambiato niente. e mi sono ritrovato addosso tutto il peso del rifiuto, dell’incertezza, del “non so se ti amo” che, per un uomo innamorato, è la cosa peggiore che ci si possa sentir dire. e vorrei dimenticare, e ricordare il bello che è stato, e non pensare in lacrime a quello che avrebbe potuto essere e che non sarà mai. ineluttabilmente. e, forse, un giorno, riuscirò. ma non oggi. ecco. la terza cosa mi ha genuflesso. per giorni. e ancora dura.
la quarta cosa sono i lavori in casa dell’amicaE., e il fatto che ho cercato di affogare il dolore nell’acquaragia, e negli smalti dei mobili, e nell’impregnante per il legno, e nel trasporto delle cose nella sua casina tutta rinnovata, e nelle millemila mensole avvitate al muro senza spargere nemmeno un granello di polvere. ho scoperto che le lacrime, sullo smalto al nitro, non sono solubili. vanno a fondo e formano una bolla chiara e acquosa. bisogna ripassarci sopra un paio di volte, per mandarle via. e però la casa è venuta proprio bene.
la quinta cosa è la bicicletta, che mia nipote mi ha dato in comodato d’uso gratuito. è rossa. con tante marce. non ha ancora un nome, ma già mi trasporta tra la casa e lo stand dello shiatsu che, guarda un po’, è la…
sesta cosa: la festa della tristezza democratica. ci risiamo. di nuovo. in uno stand piccino ma grazioso. si sta lavorando come dei matti. un sacco di gente. davvero tanta. i progetti di volontariato ne gioiscono. speriamo anche il futuro nuovo corso del primo anno. ieri sera ho chiacchierato con un signore cubano, sulla sessantina. aspettava il suo turno per un trattamento. si è fermato dopo aver letto i cartelli che parlavano del nostro progetto shiatsu a cuba. lui conosce una delle prime persone che hanno fatto il nostro corso a l’havana. e mi ha raccontato cose bellissime di quando suonava nel circolo del partito, dove si riunivano i capi della rivoluzione. e, spesso, che guevara lo raggiungeva con una bottiglia di rum e cantava con lui e gli altri suonatori la guantanamera. e questo signore conosceva anche camilo cienfuegos, e la sua risata trascinante. e osservava fidel, assieme al che e a camilo, e il loro rapporto di amicizia conflittuale. e il sospetto, che a cuba hanno molti, che, forse… non lo vorrei dire. ché ha delle affinità con quello che ha fatto stalin al compagno trotskij.
ecco. questa è la mia composizione in sei movimenti, il requiem di quest’estate agli sgoccioli, tra l’allegro ma non troppo e il grave, con qualche puntata ad un fastidioso largo doloroso
arriverà l’autunno. la propaganda vuole che sia una stagione malinconica, di nuvole e pioggia di novembre. io, la propaganda, me ne fotto.

Tanto per farci due risate…

•luglio 27, 2009 • 3 commenti

giordano_bruno

Prendo le distanze da me perché non voglio avere niente a cui spartire con me, da condividere con chi come me non fa nulla per correggersi: sono il mio nemico, il più acerrimo. Carceriere di me stesso con la chiave in tasca invoco libertà ma per adesso so che questa cella resterà sprangata a triplice mandata dall’ interno: sono l’anima dannata messa a guardia del mio inferno. Reprimo ogni possibile “me”, inflessibile, inarrestabile nel mio restare fermo immobile, segno i giorni scorrere sul calendario, faccio la vittima, il mandante ed il sicario… Sono l’Uomo Nero che turbava i sogni quando li facevo, credevo di esser libero ma non mi conoscevo come adesso ed ego non mi absolvo neanche quando mi confesso dei peccati che ho commesso – e guido un autodafè – In cattiva compagnia soprattutto se sto solo, negativo come i G in una picchiata, prendo il volo, salgo, stallo e aspetto il peggio, che non sta nella caduta ma nell’atterraggio come dice Hubert. Malato immaginario più di quello di Molière, sono il mio gregario e mi comporto da Salieri e non chiedermi il perché, che come il Tethered quando perdo il filo poi non mi puoi più riprendere…
Caro amico non ti scrivo, non ti cerco e non ti chiamo mai, batti un colpo se ci sei e se stai ascoltandomi, strappami da questo mio torpore atarassico, mi son perso dentro un parco che è giurassico e non trovo vie d’uscita: vieni a prendermi o precipito, scivolo come Maximillian verso il buco nero del fastidio: nel tedio per me non c’è rimedio e me ne accorgo perché sono sotto assedio mentre tu mi fai l’embargo. Critico, m’arrampico su cattedre che non mi spettano e mi accorgo solo dopo un attimo che esagero: ma come al solito il danno fatto è irreparabile, la storia è irreversibile, la mia memoria è labile e lavabile… Abito quest’ombra con contratto ad equo-canone pagando la pigione all’abitudine e prendendo l’eccezione come regola di vita: sto di casa a pianterreno e gioco a fare lo stilita.. Vago, divago, come il dr. Zivago io mi sbraccio e non mi vedi, cerco mani e spesso trovo piedi, cerco fumi e trovo lumi che mi bruciano, ed io so bene che le cicatrici restano. Carta, penna e poco più per stare a galla, nella testa il mio pensiero è come un ragno in una bolla: seduto in riva al fiume aspetta di veder passare il mio cadavere… pazientemente…

(Frankie Hi-NRG: Autodafè, “La morte dei Miracoli”, 1997)

Notti Maaaagicheeeee…

•luglio 24, 2009 • Commenti disabilitati su Notti Maaaagicheeeee…

rock the house
succede che uno ha una giornata faticosa. e che poi alla sera deve andare a seguire quttro dei suoi studenti che hanno chiesto una mano a ripassare le cose di shiatsu nella pausa estiva. e, tra le due cose, ne accade una che mi ha ricordato la vecchia pubblicità della gillette: la prima lama solleva il pelo, la seconda lo rade più a fondo. più o meno così. e la cosa, nonostante la stanchezza e un quantitativo considerevole di valeriana, ha una certa conseguenza sul mio sonno. fortunatamente non sul mio stomaco. l’effetto placebo della valeriana funziona, e mi ha sciolto un po’ di muscoletti. ma alle tre e mezza, l’ora del lupo, mi sono svegliato brutto. non riuscivo a riaddormentarmi. per distrarmi e vedere se riuscivo a prendere sonno, ho guardato un quantitativo ics di episodi del dottor house, quarta serie. ho passato la notte. non c’è che dire. stamattina sono entrato in ufficio zoppicando, dicendo cattiverie a tutti e diagnosticando ai colleghi, nell’ordine: n°1 sarcoidosi sistemica (prescritti dei corticosteroidi), n°1 amiloidosi (prescritto, con successo, del prednisone), n°2 casi di lupus (proceduto alla soppressione del sistema immunitario e alla somministrazione di idrossiclorochina) e, purtroppo, n°1 fascite necrotizzante (son cazzi, ci pensa il chirurgo). alla fermata dell’autobus ho prescritto una risonanza e una tac total body. sospetto che uno dei tecnici abbia l’huntington, ma si rifiuta di fare il test.
ora scusate, devo andare. ho quasi finito il vicodin.

Ritratto

•luglio 20, 2009 • 6 commenti

burri

io, se in questo momento fossi negli anni 60 e, per caso, fossi anche amico di burri e, magari, a lui venisse l’uzzo di farmi un ritratto, ecco, credo sarebbe proprio uguale a questo cretto qui sopra. quando cammino faccio rumore di cocci rotti. alterno risate di cuore a salatissime lacrime. a volte mi faccio malinconia da solo, altre volte mi vedo bellissimo. è un po’ che va avanti. e andrà avanti ancora un po’, credo. fare delle scelte è una cosa molto difficile, soprattutto quando le scelte significano creare tutta una ragnatela di spaccature dolorosissime. fa male, ma sono orgoglioso di me. tutto spaccato, eppure bello. e le spaccature sono anche le lotte tra i miei partiti interni che litigano. ma ho un leader forte, in testa. il mio fidel che quando le mie cellule bisticciano, prende la parola. e la prende per quattordici ore. di seguito. e, alla fine, la storia mi assolverà. per ora, mi guardo allo specchio, piango e rido. un perfetto bipolare. gli amici ci sono tutti. ho fatto la conta. nessuno manca. pochi dicono qualcosa. quelli taciturni, mi giro e li vedo, e sorridono. prometto solennemente che queste saranno le uniche righe che scriverò a riguardo. confuse. come potrebbero essere, altrimenti? resisto alla tentazione di chiudere al pubblico causa restauri. un giorno rileggerò questo delirio e sorriderò. sicuro. per ora posso solo prendere con fatica la lunga strada che penso possa portare a quel sorriso. non ho la mappa. e neppure un navigatore. andrò a vista. per prove ed errori, come al solito. con ostinato rigore. con gli amici che mi tireranno fuori di casa a calci nel culo. che mi reggeranno la fronte quando il cibo non vorrà starsene nel mio stomaco e uscirà fuori mio malgrado. passerà. passerà. non so quando. ma passerà.